sabato 31 luglio 2010

Esodo1

Ritiro sull' Esodo Marzo 2010

- Capitolo 1

I. LA LIBERAZIONE DALL'EGITTO

1Questi sono i nomi dei figli d'Israele entrati in Egitto con Giacobbe e arrivati ognuno con la sua famiglia: 2Ruben, Simeone, Levi e Giuda, 3Issacar, Zàbulon e Beniamino, 4Dan e Nèftali, Gad e Aser. 5Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava gia in Egitto. 6Giuseppe poi morì e così tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. 7I figli d'Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto potenti e il paese ne fu ripieno.

Oppressione degli Ebrei

8Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe.

 

  • Nella vita tutto passa anche la giovinezza spensierata, anche alcune condizioni favorevoli in cui si è vissuti ed improvvisamente può succedere di trovarsi  di fronte ad una situazione peggiore con nuovi attori desiderosi  di imporre i loro modelli di vita ed il loro potere. La vita che prima ci si era ritagliata con i suoi privilegi scompare per sempre e si è gettati in una avventura dura e non si vede come se ne possa uscire. 

 

9E disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. 10Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». 11Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses. 12Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d'Israele. 13Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli duramente. 14Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.

 

  • Quando si rompono gli equilibri tra le popolazioni  spesso si insinua il pericolo  di prepotenze e disordini. Ecco perché sono importanti i programmi di integrazione perché conducono ad un minimo comun denominatore le varie umanità che quindi riconoscendosi come legittimi detentori di una somiglianza possono scambiare qualcosa tenendola come un tesoro che permette la loro vicinanza e convivenza.

 

15Poi il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: 16«Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere». 17Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?». 19Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno gia partorito!». 20Dio beneficò le levatrici.

 

  • Le levatrici sono come le insegnanti dei bimbi Rom di Lambrate che se ne sono presi cura di fronte alle istanze respingenti di altri cittadini presi solo dalla paura simile a quella di Faraone.

 

Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. 22Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: «Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia».

2. GIOVINEZZA E VOCAZIONE DI MOSE'

1Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. 2La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. 3Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. 4La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. 5Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. 6L'aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «E' un bambino degli Ebrei». 7La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». 8«Và», le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. 9La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò. 10Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho salvato dalle acque!».

 

Coinvolgendo sin da subito la parte avversa e cioè  la famiglia del Faraone capiamo che per il Signore non esistono a priori cattivi ma solo sistemi umani da attirare a sé qualsiasi siano le condizioni di partenza. Dio nel suo progetto non suscità Mosè  per metterlo contro il Faraone ma la dinamica è un’altra e cioè quella di mettere vicino alla casa del Faraone un uomo di Iasraele perché tra i due popoli possa esservi un’intesa. Ma né Mosè né né il faraone comprendono questo disegno per cui si mettono uno contro l’altro. Con Mosè Dio aveva pensato anche all’altro suo figlio il Faraone. Questi sicuramente sapeva che Mosè era un ebreo ma consente a tenerlo per amore della figlia. Ecco perché Dio nella lotta con il Faraone gli dà una possibilità dopo l’altra per accordarsi.

 

  • Questa storia di Mosè che da ebreo diventa di fatto egiziano è intrigante e ci si chiede come mai  Dio non abbia destinato per realizzare il suo disegno un uomo  cresciuto in seno al popolo. E così da subito apprendiamo che Dio per i suoi progetti fa sempre  tesoro dei diversi perché sono questi che possono rompere i cerchi dellomogeneo, dellabitudine. Ed è attraverso il portatore della diversità che può accompagnarsi lassoluta diversità di Dio che però non vuole i diversi perché rimangano estranei ma perché possano godere a vicenda della multiforme bellezza del non essere uguali.
  • Dio ha un progetto su ciascuno di noi, un progetto che viene da lontano come Mosè che nacque da un uomo ed una donna della famiglia di Levi. Ora vediamo solo una piccola parte della nostra vita ma Dio con essa sta scrivendo qualcosa di suo.

Fuga di Mosè  in Madian

11In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. 12Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. 13Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». 14Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». 15Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo.

 

  • Mosè aveva sicuramente mantenuto i suoi rapporti con la madre perché pur allevato come un figlio riconosce gli ebrei come suoi fratelli. La parola fratelli si trova citato 3 volte nel giro di 4 versetti e ciò sta ad indicare quanto contano i legami di sangue per ogni uomo e come questo legame sia è stato così forte da  fargli uccidere  un uomo. Mosè si trova spiazzato sia nei riguardi degli egiziani perché ne aveva ucciso  uno sia nei riguardi degli ebrei perché invece di mostrargli gratitudine lo temono. Mosè come Caino ebbe paura per ciò che aveva fatto e fugge lontano. Dio segna Caino perché non sia ucciso, e cioè gli dà un'altra possibilità anche attraverso la generazione di una discendenza, e permette a Mosè di sedersi presso un pozzo ( o abitare vicino al pozzo come in altre traduzioni) offrendogli così unaltra possibilità. Si trova quindi vicino al pozzo ed è incerto sul suo destino: Non è più in quella terra straniera  né ebreo, né egiziano tuttavia nella difficoltà gli viene offerta unaltra occasione e questa volta il suo atto di generosità e di coraggio gli meritano unaccoglienza.

 

 

  • E un uomo che ci somiglia perché sta nellanimo di molti uomini levarsi per difendere qualcuno dalle ingiustizie.

 

  • Può succedere anche a noi di fare delle battaglie in difesa di qualcuno ma poi di trovarci non compresi proprio da parte di chi abbiamo difeso. Rimaniamo infatti spiazzati sia per aver affrontato il nemico, che ci comunque ci rimarrà nemico,  sia perché non ci sentiamo più coperti dalla nostra stessa parte. Il risultato di questa situazione è un forte abbattimento ed il sentirsi come naufraghi che non sanno dove sbattere la testa.

 

  • Sedette presso un pozzo: anche nelle più nere delle situazioni  se si guarda bene da qualche parte cè sempre un pozzo da cui tirar fuori dellacqua salutare.

 

  • Proviamo a vedere come nella nostra vita  siamo stati via dalla nostra terra, in altri luoghi, in altre tradizioni.

 

  • Mosè è un emigrato, uno sradicato. Questa è la base umana su cui Dio comincerà la sua opera.

 

16Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. 17Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. 18Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: «Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta?». 19Risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge». 20Quegli disse alle figlie: «Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». 21Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. 22Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: «Sono un emigrato in terra straniera!».

VOCAZIONE DI MOSE'

23Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. 25Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero

 

 

Dio si prende pensiero’ perché non ha creato l’uomo per lasciarlo solo su questa terra ma per salvarlo da se stesso e per celebrare con lui un incontro d’amore. Ogni uomo quindi che vive su questa terra è dentro questo piano di salvezza e verrà visitato da Dio quando non spererà più sulle sue sole forze. Quando all’inizio del primo capitolo si dice che i figli d’Israele prolificarono e crebbero divenendo potenti e famosi non viene aggiunta alcuna parola su un loro particolare rapporto con il Signore e quindi possiamo pensare che in quel periodo forse credettero più alla forza delle loro mani e della loro intelligenza.

Il roveto ardente

1Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. 2L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto.Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. 3Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». 4Il Signore vide che si era avvicinato per vedere

 

  • Quando noi intraprendiamo un cammino verso di Lui egli se ne accorge e subito ci fa sentire la sua vicinanza.

 

e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!».

 

  • Mosè viene chiamato per nome. Dio ci conosce da sempre e in quel nome porta avanti anche la storia delle generazioni precedenti.

 

 

 

Rispose: «Eccomi!».

 

La risposta di Mosè è  immediata e tanto generosa nella risposta  da muoversi direttamente verso il roveto. E’ il moto del cuore che vuole darsi completamente quando è toccato dal soprannaturale. Tutte le mediazioni culturali cadono e si è pronti a tutto. Il convertito spesso si comporta così.

 

 5Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!».

 

Il Signore gli mette davanti un ‘non’ per fargli intendere che tra i due piani  quello divino e quello umano occorre mantenere le distanze. Nello stesso tempo il Signore indica molto praticamente il modo per prendere coscienza di questa distanza.  La terra è una terra santa e quindi non può ricevere le impurità che i sandali portano con sè per aver calpestato il suolo del mondo e cioè quello in cui avviene di tutto : il bene ma anche il male.Togliersi i calzari significa mettersi di fronte a Dio con una primigenia innocenza che è anche un invito a diventare santi come quella terra  che è libera da ogni oppressione perché si trova in relazione con Dio.

 

PER NOI CHE MEDITIAMO LA ‘TERRA’ E (CIOE’ LO SPAZIO FISICO DOVE CI DISPONIAMO A MEDITARE)  PUO’ ESSERE IL LUOGO DOVE CI DISPONIAMO ALL’INCONTRO CON IL SIGNORE .                                                

 

 6E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe».

 

Dio lega Mosè alla sua vera storia e a ciò che quei suoi padri avevano sperato per se stessi e per il popolo. Dunque ogni chiamata di Dio ha anche un aspetto di legame con la memoria familiare di ciascuno. Occorre anche che la memoria sia vista sotto due forme una passiva che ci ricordi la vita ed i valori degli antenati, l’altra attiva e cioè che diventi promotrice di quei valori che ci sono stati consegnati dalle generazioni precedenti.

 

Mosè allora si velò  il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.

 

Quando Mosè disse: ”Eccomi” oltre alla nativa disponibilità nell’accogliere qualcosa di diverso, ed il testo ce lo fa capire quando dice che egli era curioso, non si immaginava che di lì a poco sarebbe stato vagliato nel profondo. La sua paura non è quindi legata al fatto d’aver fatto un incontro eccezionale ma perchè il Signore mette il dito sulla sua piaga e cioè quella d’aver dimenticato le sue origini ed il suo Dio.  Mosè qui ci ricorda Adamo quando all’avvicinarsi del Signore: 10Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».

 

  • Quando la vita ci passa addosso senza che si possa legare ad un filo che continui il proprio passato sotto forma di una nuova sintesi aperta ad un futuro allora ci si sente come sospesi in un nulla che dal profondo grida per trovare un appiglio. La vita e il Signore non si offendono per la nostra vita senza memoria e ci aspettano sempre al di là del deserto con una nuova proposta ed un nuovo stimolo per ricominciare.

 

7Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze.

 

Dio non è lontano e la sua osservazione non è priva di partecipazione anzi è una partecipazione che si trattiene dall’intervenire. Aspetta che si levi il grido verso di lui e cioè aspetta che  gli uomini abbiano esaurito tutte le loro carte mondane. Rimane comunque che Dio guarda gli uomini, e qui in particolare il popolo di Israele con senso d’appartenenza e non di estraneità.

 

  • Dio conosce pure i sorveglianti e quindi, portando il discorso ai nostri tempi, conosce coloro che fanno prepotenze e non dobbiamo dunque  credere di trovarci da soli ad affrontarli o pensare che sia qualcosa che riguardi solo noi.

 

 

8Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. 9

 

Dio al tempo opportuno scende e cioè fa vedere la sua azione nella storia e la sua  è  sempre un’azione di liberazione in cui toglie  gli uomini da una condizione di schiavitù.

 

  • Anche a livello personale è la stessa cosa e cioè lo toglie da una strada a senso unico ove va sicuramente a morte e gli indica una terra spaziosa dove poter incontrare i fratelli. Lo chiama dalla solitudine a vivere in comunità.

 

 

 

Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. 10Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!».

 

Non sarà più pastore al servizio di una storia diversa dalla sua ma ad una molto più grande ed impegnativa. Il Signore poi gli dà un potere che a ben vedere è sproporzionato rispetto a come lui stesso si sente e si vede. Dio ama quindi dare senza che questo suo dare  trasformi immediatamente la persona. Questo potere che Dio dà a Mosè diventerà realtà solo  nella temperie dei momenti difficili  e solo se Mosè ha avrà fiducia  in Lui.

 

  • Il compito è quello di liberare gli altri dal tormento ma questo lo si può fare solo se lo si è visto, se ci si è dislocati in un luogo diverso da se stessi e cioè quello di Dio in una compartecipazione che solo può assicurare un successo. Essere inviati non comporta solo il liberare gli altri dal loro tormento ma essere liberati contemporaneamente dal proprio. Mosè grazie alleseguire il comando del Signore reimposta la sua vita.

 

11Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?».

 

Qui Mosè ha un dubbio all’apparenza legittimo e cioè come potrà lui che si reputa un nulla convincere il faraone a far uscire gli Israeliti dall’Egitto.

 

 

  • Nello stesso modo anche a noi capita di trovarci di fronte a situazioni più grandi di noi e che vorremmo cambiare ma dessere convinti di non poter far nulla tanto ci sentiamo impotenti. E così ci rassegniamo alla situazione esistente e ci assolviamo pure portando a nostra discolpa proprio linadeguatezza delle nostre forze. Mosè in questo suo dubbio ha cocente sulla pelle linsuccesso dei passi di conciliazione fatti verso i suoi fratelli israeliti. Nello stesso modo succede a noi quando  ci rassegniamo a tirare solo le fila dei nostri personali insuccessi.

 

12Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».

 

Il Signore non dà altro che l’assicurazione che sarà vicino a Mosè e una promessa che il rapporto con Lui da parte del popolo continuerà anche dopo la liberazione. Il servizio al Signore è quindi la meta finale di questo cammino.

 

13Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». 14Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».

 

La risposta del Signore è legata al verbo essere che viene normalmente tradotto con: Io sono colui che sono, ma sono da notare alcune cose e cioè che il verbo essere in ebraico indica continuità e durata e quindi può essere io ero, io sono, io sarò.   Inoltre in ebraico il verbo essere non viene inteso con il significato del semplice esistere o dell’essere metafisico ma ha un valore concreto  di ‘essere in relazione. Ed allora abbiamo:

  1. Esserci: essere lì essere presente e quindi la traduzione potrebbe essere Io sono il presente, colui che ti è presente.
  2. Essere con : già in es. 3,12 si trova Io sarò con te e quindi significa: Io sono insieme; Io ci sono per essere insieme a te: relazione. incontro personale
  3. Essere per : atteggiamento che indica favore e vantaggio. Allora significa: Io sono dalla tua parte

 

Il libro dell’Apocalisse presenta Dio in una triplice forma: “Colui che è Che era e che viene”

E non che ‘sarà’  per indicare che Dio non lascia spazi vuoti e quindi è colui che ancora non arrivato sta arrivando. (Il commento ai questi versetti è di Claudio Doglio e qui  è stato  riportato in sintesi ) 

 

Poi disse: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». 15Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.

 

Il Signore ripete in senso abbreviato il suo nome quasi che con questa sottrazione voglia attutire il peso del primo nome che potrebbe apparire troppo per Mosè e soprattutto per coloro che dopo avrebbero ascoltato o letto questo suo modo di presentarsi. Egli infatti vuole essere la Divinità che nella storia è entrato in relazione con i padri e adesso è in relazione con Mosè e lo sarà anche dopo con le generazioni future.

 

 

  • Noi che spesso viviamo la vita alla giornata dovremmo recuperare il passato per mettere a punto i momenti in cui Dio si è fatto più vicino o meglio in cui noi eravamo  nella migliore disposizione per ascoltarlo. Come pure dovremmo rivedere il rapporto tra noi e Dio non come una elevazione della nostra mente a Lui ma come un renderci conto attraverso la memoria dei punti di fuoco in cui noi labbiamo avvertito, di quelli in cui labbiamo tradito  e su di essi condurre ancora la nostra riflessione per capire di più qualcosa di noi e di Lui.

16Và! Riunisci gli anziani d'Israele e dì loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, mi è apparso, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto a vedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto.

 

La vocazione di Mosè  è ora quella di riunire i suoi fratelli ebrei e di non essere più occasione di divisione come quando aveva preso le difese di un israelita provocando la morte di un egiziano. Nel comando del Signore c’è quindi l’apertura di una nuova prospettiva, di un nuovo modo di guardare al passato perché non si ripeta ma venga cambiato. 

 

  • Quando siamo sollecitati ad intraprendere una nuova strada è perché veniamo aiutati a vedere con altri occhi la strada che abbiamo percorso. E come se facessimo una fotografia a 3D e questa istantanea avesse in sé la forza di motivarci a voltare pagina. Vediamo cioè non solo ciò che non va ma anche come possiamo uscirne arrivando così alla determinazione di non lasciarci sfuggire loccasione che ci viene offerta.

 

Il Signore viene in soccorso degli Israeliti e non bada al fatto se essi si sono meritati questo castigo. Il Signore ha presente altro e viene solo per aiutare, per liberare da una oppressione che grida davanti alla sua giustizia. 

 

  • Dio quindi ci ama al di là del fatto dellessere o meno giusti perchè conosce la durezza del nostro cuore e di come ci trasciniamo nel più profondo degli abissi sperando di trovare in noi stessi la luce per venirne fuori. Quando siamo sfiniti e non abbiamo più carte da giocare Egli è lì che vede la nostra oppressione e ci manda qualcuno per farci gustare qual è la vera luce.

 

 

17E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell'Egitto verso il paese del Cananeo, dell'Hittita, dell'Amorreo, del Perizzita, dell'Eveo e del Gebuseo, verso un paese dove scorre latte e miele. 18Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio. 19Io so che il re d'Egitto non vi permetterà di partire, se non con l'intervento di una mano forte. 20Stenderò dunque la mano e colpirò l'Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo egli vi lascerà andare.

Mosè non solo riceve un compito ma anche viene aiutato da Signore che gli predice momenti importanti di ciò che succederà.

  • Un conto quindi è crearsi un compito e cercare di realizzarlo come momento importante della propria crescita personale e un altro essere inviati. Nellessere inviati dal  Signore si può godere della forza della sua mano che protegge e conduce a compimento i suoi piani.

21Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. 22Ogni donna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa oggetti di argento e oggetti d'oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostre figlie e spoglierete l'Egitto».

 

  • Dalle fiabe sappiamo che chi sa affrontare e vincere il drago poi potrà godere del tesoro a cui fa la guardia. E così succede anche qui perché la lotta avrà un esito positivo e si apriranno i forzieri dei persecutori.

 

1Mosè rispose: «Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!». 2Il Signore gli disse: «Che hai in mano?». Rispose: «Un bastone». 3Riprese: «Gettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. 4Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. 5«Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». 6Il Signore gli disse ancora: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. 7Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. 8«Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! 9Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta».

Mosè è qui con tutta la sua esperienza passata e qui vediamo svolgersi una lotta tra il Signore ed il suo eletto. Il Signore accetta di lottare e noi  rimaniamo sempre meravigliati di come possa Dio, che è così infinitamente al di sopra dell’essere umano, rapportarsi in modo così soffice, così democratico, così misericordioso. Noi invece appena siamo sicuri d’avere in tasca un briciolo di verità siamo come uno tsunami che sconvolge tutto pur di vedere affermato ciò che riteniamo giusto.

10Mosè disse al Signore: «Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». 11Il Signore gli disse: «Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12Ora và! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». 13Mosè disse: «Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!».

 

Mosè si comporta così  perché forse si ricorda ancora delle sue uscite presso gli israeliti e di come non era riuscito a convincerli delle sue buone intenzioni.  Ed ecco però che nonostante il Signore gli abbia parlato della sua potenza e del far nuove tutte le cose Mosè non demorde e continua a resistere.

 

  • Dio dunque si fa carico anche della nostra debolezza, dei nostri limiti, delle nostre incapacità. Rispetta Mosè nel suo credere di non riuscire a fare ciò che gli chiede.

 

  • Che cosa ne dobbiamo ricavare da questo atteggiamento di Mosè? Che le nostre resistenze sono qualcosa di positivo e faremmo bene a prenderle in considerazione? Forse le nostre resistenze servono ad intercettare tutti coloro che hanno le stesse resistenze e che possono superarle grazie a qualcuno che non scivola sulla vita come se niente fosse , ma che pur avendole non si abbatte e spera in Dio. Ma anche che quando si intraprende una nuova via non per questo si è cambiati del tutto nel senso che le nostre inveterate abitudini fanno di nuovo capolino per cimentarsi con la nuova forza che abita il nostro cuore.

 

  • Chiediamoci se  anche per noi Dio si comporta così come con Mosè e cioè se ci suggerisce cosa dire nei momenti di difficoltà. Di sicuro cè la promessa di Gesù che saremo aiutati a dare la nostra testimonianza in caso di persecuzioni.  Per il resto credo che se non si è mossi dalle proprie passioni è possibile riuscire ad intercettare il piano di luce  divino che non può essere separato completamente dalla percezione umana.

 

14Allora la collera del Signore si accese contro Mosè  e gli disse: «Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà  e gioirà in cuor suo. 15Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare. 16Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. 17Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi».

Il Signore non è un uomo che si pente delle sue scelte nonostante la  testardaggine di Mosè e trova l’escamotage per permettere a Mosè di portare avanti la sua missione.

  • Lincontro con Aronne è simile a certi incontri che si dischiudono improvvisamente nel mistero della vita aprendo a due esistenze  che procedevano fino a quel momento separate  la possibilità di procedere unite per ununica destinazione. Chiediamoci se  anche per noi Dio si comporta così e cioè se ci suggerisce cosa dire.

18Mosè partì, tornò  da Ietro suo suocero e gli disse: «Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!». Ietro disse a Mosè: «Và pure in pace!». 19Il Signore disse a Mosè in Madian: «Và, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». 20Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.

21Il Signore disse a Mosè: «Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo. 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!».

 

Qui assistiamo ad una lotta di potere ma sono due poteri contrapposti uno nel versante del bene e l’altro del male e cioè come dominio dell’uomo sull’uomo. Questo scontro iniziale è come un che da senso a tutta la storia seguente dell’umanità. Non esiste infatti un potere più forte del potere divino e questo devono saperlo tutte le generazioni. Chi vince è sempre Dio anche se dopo nella storia questa vittoria non sembrerà risaltare in modo così paradigmatico. Dio però non è prepotente come il Faraone ma mette le cose in modo che egli possa convertirsi anche se afferma che indurirà il suo cuore. Forse questo indurimento è voluto perché egli possa recuperare il vero senso del suo potere. Diversamente non si sarebbe accorto che qualcosa di nuovo stava per sorgere nella storia. Se si fosse semplicemente opposto come in qualsiasi atto di governo non avrebbe avuto la percezione di ciò che stava succedendo. Dio però vuole toccare il cuore del Faraone e per questo lo morde proprio alla radice di ciò che gli sta più a cuore: il potere. Il suo potere quindi non è solo un qualcosa a cui ha diritto per principio divino e per eredità ma è un qualcosa di cui deve rispondere a Chi gliene chiederà conto.

 

  • La nostra vita non è un qualcosa che ci appartiene e di cui possiamo farne ciò che vogliamo ma  è un qualcosa di cui rendere conto quando alloccorrenza siamo chiamati a prendere una decisione.

 

24Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò  di farlo morire. 25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». 26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.

 

Strana sorte dell’uomo Mosè che da un parte si vede investito suo malgrado di un mandato e poi quando ci crede e si mette in cammino viene affrontato duramente dal Signore che vuol farlo morire. Dobbiamo qui capire che il Signore non voleva che lui andasse così com’era dai suoi fratelli. Come mai? Una possibile interpretazione è quella in cui un uomo inviato dal Signore non può mettere mano al Suo mandato senza essere inserito in pieno diritto nel suo popolo. E cosa mancava a Mosè? Mancava la circoncisione quale segno di  appartenenza al popolo degli israeliti. Mosè viene salvato dalla moglie che capisce cosa sono i vincoli di sangue.  Mosè era ormai preso dai pensieri del  suo grave compito ma l’azione di Zippora gli fa capire che solo riconciliandosi con il suo passato e con le sue origini potrà riprendere il cammino. Inoltre c’è da tener presente anche la vita di Mosè e quel sangue da lui sparso uccidendo l’egiziano. Come può infatti un uomo, che sarà il capo di un futuro popolo, mettersi a capo di una lotta di liberazione e  continuare a parlare con Dio se dentro di lui non sia avvenuto un cambiamento radicale? La lotta con Dio è questo tu per tu radicale dove Mosè non ha forze e possibilità di vincere. Mosè che si poteva permettere di dire al Signore: «Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!» ora non ha più parole ed è alla merce di una forza più grande. Zippora sicuramente ispirata dal Signore lo salva ed ormai la sua vita non sarà più sua ma del Signore che l’ha messa duramente alla prova per ristabilire le giuste distanze  e dargli la giusta prospettiva nel mettere in pratica il mandato ricevuto.

 

  • Anche nella vita di ciascuno di noi arriva il momento della resa dei conti o meglio della resa alla verità ed allora si lotterà con il Signore e ci sarà sicuramente una Zippora da ringraziare per aver avuto salva la vita e per aver avuto la possibilità di procedere verso lorizzonte che Dio ci ha preparato con il cuore leggero pieno di speranza.

 

27Il Signore disse ad Aronne: «Và incontro a Mosè nel deserto!». Andò e lo incontrò  al monte di Dio e lo baciò. 28Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato. 29Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. 30Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo. 31Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.

Esodo - Capitolo 5

1Dopo, Mosè e Aronne vennero dal Faraone e gli annunziarono: «Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!».

 

Il Signore vuole che il popolo gli celebri una festa nel deserto mentre più sopra si parla di ‘sacrificio’ e quindi qui si capisce come tutto ciò che riguarda il Signore non è soltanto un atteggiamento verticale verso di Lui ma un qualcosa che riguarda anche la dimensione orizzontale come appunto è la celebrazione di una festa. O meglio si può dire che la festa abbraccia tutti :Dio e gli uomimi.

 

  • Una comunità che faccia solo sacrifici o liturgie, financo quella della messa, e non fa festa e non è gioiosa non somiglia a ciò che il Signore ha immaginato per noi uomini.

 

2Il faraone rispose: «Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele!».

 

Tutti i Faraoni della storia e cioè coloro che credono di detenere il potere assoluto si comportano così e cioè  non possono riconoscere un altro potere che voglia liberare dall’asservimento coloro che sono loro sottoposti.

  

3Ripresero: «Il Dio degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia dunque concesso di partire per un viaggio di tre giorni nel deserto e celebrare un sacrificio al Signore, nostro Dio, perché  non ci colpisca di peste o di spada!». 4Il re di Egitto disse loro: «Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori!». 5Il faraone aggiunse: «Ecco, ora sono numerosi più del popolo del paese, voi li vorreste far cessare dai lavori forzati!».

 

Qui possiamo ravvisare l’antenato di tutti  i movimenti operai della storia e delle loro giuste rivendicazioni in favore dei lavoratori quando le dure condizioni del lavoro li alienano dalla loro umanità. Il faraone  dal suo punto di vista non ha tutti i torti perché le masse unite da legami di sangue o da una ideologia in modo inconscio premono proprio per l’accrescersi del loro numero e quindi mettono in crisi gli equilibri esistenti. Questi equilibri però il più delle volte sono di per sé squilibrati e cioè a favore di una sola delle parti, come ad es. vediamo qui in Egitto, ma  la stessa cosa si può vedere anche oggi nei rapporti tra i cittadini extracomunitari e i cittadini europei. Il Faraone quindi non può pensare diversamente salvo che qualcuno non vada a dirgli che così non va bene e chi può avere questa forza di opporsi ad un potere così potente se non uno più potente ma anche giusto?

 

  • Non allontaniamo però da noi il negativo rappresentato dal Faraone quasi che riguardasse solo lui ed invece  riguarda anche noi ! Il problema è quello di sapere se nellambito delle cose che organizziamo o dove abbiamo potere abbiamo aperto dei varchi dove possa giungerci qualcosa di diverso che possa modificare sia il nostro comportamento che il nostro pensiero. Cè spazio per il diverso e per il diverso che non ci somiglia?

Gli israeliti hanno capito che il Signore è  dalla loro parte ma aggiungono qualcosa che il Signore non aveva detto e cioè che Dio li avrebbe colpito di peste e di spada se non fossero partiti. Si ripete qui quello che successe con Eva ed il serpente e cioè una distorsione delle parole del Signore. Questa distorsione è così umana, così nostra che ne siamo pieni fino ai capelli. Facciamo dire a Dio cose che Lui non ha mai detto e gettiamo sulla sua persona ciò che è frutto di una nostra proiezione. Dal momento che ci si mette in contrasto con la possibilità stessa di ricevere un dono che sia  veramente liberante  e quindi non condizionato da un asservimento allora si cambiano i termini di ciò che avviene. Il Signore non aveva detto agli israeliti di andare nel deserto come se dipendesse dalle loro forze riuscire in quest’impresa ma solo di andare dal Faraone per ottenere il permesso. E l’ottenimento o meno del permesso non può diventare l’occasione per Dio per punire il popolo. Il Signore vuole giocare la sua partita con il faraone e non con il popolo. Una diversa partita si sarebbe aperta se gli israeliti avessero rifiutato la proposta di Mosè.  Essi però hanno nel cuore comunque il Dio terribile che punisce e quindi anche il non ottenimento del permesso da parte del Faraone li getta nella paura. L’unica cosa che ora pensano è quella di essere presenti a quell’appuntamento nel deserto ed allora inventano la storia della peste e della spada forse per impietosire ma anche per minacciare il Faraone perché la peste avrebbe potuto essere contagiosa anche per gli egiziani.

6In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi: «7Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. 8Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. Perché sono fannulloni; per questo protestano: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al nostro Dio! 9Pesi dunque il lavoro su questi uomini e vi si trovino impegnati; non diano retta a parole false!».

 

Il Faraone ha capito tutto e cioè che gli israeliti hanno del tempo a disposizione e lo perdono dietro a Mosè ed Aronne che gli gonfiano la testa e la fantasia con le loro parole e le loro promesse. In questo modo egli diventa espressione dell’uomo dispotico che non si contenta delle braccia ma vuole il cuore, le idee: vuole tutto.

 

  • E che cosa abbiamo nella nostra società che oltre al lavoro vuole anche loccupazione completa di ogni nostro respiro?

 

 

10I sorveglianti del popolo e gli scribi uscirono e parlarono al popolo: «Ha ordinato il faraone: Io non vi dò più paglia. 11Voi stessi andate a procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca il vostro lavoro». 12Il popolo si disperse in tutto il paese d'Egitto a raccattare stoppie da usare come paglia. 13Ma i sorveglianti li sollecitavano dicendo: «Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia». 14Bastonarono gli scribi degli Israeliti, quelli che i sorveglianti del faraone avevano costituiti loro capi, dicendo: «Perché non avete portato a termine anche ieri e oggi, come prima, il vostro numero di mattoni?». 15Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare, dicendo: «Perché tratti così i tuoi servi? 16Paglia non vien data ai tuoi servi, ma i mattoni - ci si dice - fateli! Ed ecco i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo!». 17Rispose: «Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore. 18Ora andate, lavorate! Non vi sarà data paglia, ma voi darete lo stesso numero di mattoni». 19Gli scribi degli Israeliti si videro ridotti a mal partito, quando fu loro detto: «Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni». 20 Quando, uscendo dalla presenza del faraone, incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettarli, 21dissero loro: «Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci!». 22Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: «Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato? 23Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo e tu non hai per nulla liberato il tuo popolo!».
 
 

Esodo - Capitolo 6

 
 
1Il Signore disse a Mosè: «Ora vedrai quello che sto per fare al faraone con mano potente, li lascerà andare, anzi con mano potente li caccerà dal suo paese!».

 

  • Non basta quindi che la causa sia giusta per portarla avanti vittoriosa e non basta essere sicuri di avere dalla propria parte il Signore. E questultima cosa può capitare nella vita di un uomo quando ci si accorge dessere in sintonia con la parola di liberazione del Signore, ma capita che nella lotta per affermare il valore Dio non vuole che ne usciamo subito vincitori  perché vuole che  lo stesso lottare sia di testimonianza per il nemico.

 

2Dio parlò a Mosè  e gli disse: «Io sono il Signore! 3Sono apparso ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe come Dio onnipotente, ma con il mio nome di Signore non mi son manifestato a loro. 4Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro il paese di Canaan, quel paese dov'essi soggiornarono come forestieri. 5Sono ancora io che ho udito il lamento degli Israeliti asserviti dagli Egiziani e mi sono ricordato della mia alleanza. 6Per questo dì agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi castighi. 7Io vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio. Voi saprete che io sono il Signore, il vostro Dio, che vi sottrarrà ai gravami degli Egiziani. 8Vi farò entrare nel paese che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, e ve lo darò in possesso: io sono il Signore!».

9Mosè parlò così agli Israeliti, ma essi non ascoltarono Mosè, perché erano all'estremo della sopportazione per la dura schiavitù. 10 Il Signore parlò a Mosè:  11«Và e parla al faraone re d'Egitto, perché lasci partire dal suo paese gli Israeliti!». 12Mosè disse alla presenza del Signore: «Ecco gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come vorrà ascoltarmi il faraone, mentre io ho la parola impacciata?». 13Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro un incarico presso gli Israeliti e presso il faraone re d'Egitto, per far uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto.

14Questi sono i capi delle loro famiglie. Figli di Ruben, primogenito d'Israele: Enoch, Pallu, Chezron e Carmi; queste sono le famiglie di Ruben.

15Figli di Simeone: Iemuel, Iamin, Oad, Iachin, Socar e Saul, figlio della Cananea; queste sono le famiglie di Simeone.

16Questi sono i nomi dei figli di Levi secondo le loro generazioni: Gherson, Keat, Merari. Ora gli anni della vita di Levi furono centotrentasette.

17Figli di Gherson: Libni e Simei secondo le loro famiglie.

18Figli di Keat: Amran, Isear, Ebron e Uzziel. Ora gli anni della vita di Keat furono centotrentatrè. 

19Figli di Merari: Macli e Musi; queste sono le famiglie di Levi secondo le loro generazioni.

20Amram prese in moglie Iochebed, sua zia, la quale gli partorì Aronne e Mosè. Ora gli anni della vita di Amram furono centotrentasette.

21Figli di Isear: Core, Nefeg e Zicri.

22Figli di Uzziel: Misael, Elsafan, Sitri.

23Aronne prese in moglie Elisabetta, figlia di Amminadab, sorella di Nacason, dalla quale ebbe i figli Nadab, Abiu, Eleazaro e Itamar.

24Figli di Core: Assir, Elkana e Abiasaf; queste sono le famiglie dei Coreiti.

25Eleazaro, figlio di Aronne, prese in moglie una figlia di Putiel, la quale gli partorì Pincas. Questi sono i capi delle casate dei leviti, ordinati con le loro famiglie.

26Sono questi quell'Aronne e quel Mosè ai quali il Signore disse: «Fate uscire dal paese d'Egitto gli Israeliti, secondo le loro schiere!».

27Questi dissero al faraone re d'Egitto di lasciar uscire dall'Egitto gli Israeliti: Sono Mosè e Aronne.

Per la prima volta nella storia entrano non i nomi dei Faraoni o dei re o delle persone importanti ma di coloro che si sono messi a credere anche se nell’imperfezione del loro modo di agire.

  • Il Signore ci prende così come siamo: imperfetti, pieni di pregiudizi ma lui è paziente.

28Questo avvenne quando il Signore parlò a Mosè nel paese di Egitto: 29il Signore disse a Mosè: «Io sono il Signore! Riferisci al faraone, re d'Egitto, quanto io ti dico». 30Mosè disse alla presenza del Signore: «Ecco ho la parola impacciata e come il faraone vorrà ascoltarmi?».