sabato 19 dicembre 2009

IL PIANO DI DIO NON E' QUELLO DEGLI UOMINI



Pensiero prima della meditazione

Sul Monte Tabor si sente una voce dire : ‘Ascoltatelo’ e cosi’ anche noi che abbiamo sposato questa spiritualità legata al Tabor vogliamo ascoltare cosa ha da dirci Gesù nella meditazione della sua Parola. Per far questo dobbiamo mettere da parte i nostri significati per far sorgere quelli che provenienti da una nostra relazione con Lui.

Mc 12

13Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. 14E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. E' lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?». 15Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda». 16Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare». 17Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui.


Per gli ebrei avere come re uno straniero, in questo caso Cesare, non era accettabile e quindi la domanda-provocazione di alcuni farisei ed erodiani era volta a mettere in contraddizione Gesù perché se avesse risposto che era giusto dare il tributo allora sarebbe stato accusato di collaborazionismo. Il popolo d’Israele infatti poteva obbedire solo ad un legittimo rappresentante di Yahweh suo Dio. La risposta di Gesù non è solo da collegare ad un artificio retorico, ma segna uno spartiacque importante per tutta l’umanità. Anzitutto egli fa capire loro che chi porta avanti la via di Dio non è legittimato tout court a cambiare le carte sul piano dei rapporti di forza che si stabiliscono tra gli uomini. Cosa che sarebbe successo se avesse dichiarato che non era lecito dare il tributo a Cesare. Il piano di Dio infatti può prevedere cose che la razionalità umana non accetterebbe mai. Al tempo dell’esilio in Babilonia ,ad es., il profeta Geremia consigliava da parte del Signore di costruire case, di piantare orti, di prendere mogli ecc. mentre c’era chi profetizzava, sbagliando, che l’esilio sarebbe finito presto. Si poteva quindi essere buoni israeliti anche in un paese straniero sotto il dominio di Nabuccodonosor. E nello stesso modo anche al tempo di Gesù la via di Dio non passava in quel momento per la liberazione dal giogo dei romani. Gesù quindi prendendo in mano la moneta e chiedendo ai suoi interlocutori di riconoscerne l’immagine opera una divisione tra il potere di questo mondo e quello di Dio. E ciò lo fa non per legittimare il potere di Cesare ma solo dichiarando che quel tipo di potere apparteneva a chi se l’era preso e lo imponeva agli altri. Oggi questa riflessione ci aiuta a segnare dei confini netti tra la sfera religiosa e quella politica nel senso che nessuno può farsi interprete del volere di Dio imponendo agli altri una linea politica da seguire come vediamo fare nei fondamentalismi. Il piano di Dio quindi non coincide con quello degli uomini anche se gli uomini vi si possono avvicinare ma soprattutto non esiste una volontà di Dio che legittimi ad usare violenza contro altri uomini. Un'altra cosa su cui riflettere è l’atteggiamento dei suoi oppositori che volevano ‘coglierlo in fallo nel discorso’. Qui troviamo qualcosa che ci tocca più da vicino perché anche a noi capita di fare le pulci al nostro prossimo più che ascoltarlo. Gesù però non solo li ascolta, mentre avrebbe potuto benissimo non prestarsi al loro gioco sporco, ma con la sua sapienza riesce a portarli su un piano diverso tanto che poi essi stessi lo ammirano. E per farli uscire dalla loro ossessione, da perfetto comunicatore e trasformatore di vissuti, li attiva facendogli muovere alla ricerca del denaro.

sabato 12 dicembre 2009

PENSIERO PRIMA DELLA MEDITAZIONE

L'occasione di aver assistito alla professione perpetua di un'amica all'interno di una Famiglia religiosa è stata lo spunto per constatare come anche oggi esistano persone che offrono per intero la propria vita al Signore e non solo per un periodo limitato ma per tutta la vita. Ciò ci motiva nella nostra strada davanti al Maestro per quel poco che possiamo offrirgli in questa piccola avventura legata alla meditazione della sua Parola.


Mc 11

27Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: 28«Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farlo?». 29Ma Gesù disse loro: «Vi farò anch'io una domanda e, se mi risponderete, vi dirò con quale potere lo faccio. 30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 31Ed essi discutevano tra sé dicendo: «Se rispondiamo "dal cielo", dirà: Perché allora non gli avete creduto? 32Diciamo dunque "dagli uomini"?». Però temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta. 33Allora diedero a Gesù questa risposta: «Non sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose».



A Gesù viene chiesto di rendere conto della sua autorità ma non perchè i suoi interlocutori vogliano aprirsi alla verità ma per sminuirlo agli occhi dei presenti. Anche a noi capita qualcosa di simile quando nonostante il nostro modo sincero di operare subiamo delle critiche feroci. Il più delle volte, per difenderci dall'ingiustizia che ci lacera il cuore, passiamo all'attacco in una lotta che alla fine ci sfianca. Cosa fa invece il Maestro Gesù? Anzitutto invece di affermare subito la sua ragione si rivolge ai suoi interlocutori ponendo una domanda, e non una domanda qualsiasi, ma molto pertinente perché è interna ad un sapere e ad una esperienza comune. Egli quindi agendo cosi’ è come se mettesse tra se stesso e gli altri non un qualcosa di definitivo, ma una zona in cui ancora si può ancora incontrarsi. Ed ancora, e sempre in relazione a ciò che si può sentire giusto e vero, capita che alcune volte si è cosi’ certi della propria verità che quando gli altri la mettono in discussione è come se attaccassero la nostra stessa persona. Gesù invece, pur vivendo fino in fondo la situazione, ci offre una testimonianza di disincanto il cui riferimento è cosi’ ampio che include anche il terzo attore e cioè la gente che era presente. Con le sue parole ci fa contemplare la verità offrendola ai suoi interlocutori. Nello stesso modo il nostro rapporto con la verità non può essere di possesso, come se fosse solo nostra, essa è sempre una confluenza di apporti a cui noi possiamo solo dare testimonianza ed è a questo livello che si guadagna quel modo sapiente di articolare delle risposte che non affondino in una difesa-attacco che offende la stessa verità. Gesù quindi ci insegna a dialogare in una forma sapiente. In un altro approccio al testo Gesù si permette di non rispondere alla domanda degli interlocutori perché, come dice papa Ratzinger , “ la fede non è un sistema di pensiero” e cioè non è un sistema dialettico di confronto con la sua tesi, antitesi, sintesi. L’amore infatti non si può che riconoscere e non ha niente a che fare con questi schemi dialettici di confronto. Ed ecco perché alla fine Gesù dà una risposta cosi’ dura. Prima però Gesù con la sua mitezza e la sua compassione usa la ragione ed il ragionamento per dar loro una possibilità di scelta. Questa possibilità invece viene fraintesa dai suoi avversari ed essi si presentano come persone che non scelgono o che non vogliono scegliere e quindi non si aprono alla verità.

sabato 5 dicembre 2009

COME PREGARE PER OTTENERE




Il nostro incontro è iniziato con l’ascolto di musiche per aiutarci ad entrare in una dimensione diversa da quella delle preoccupazioni mondane. Sempre avendo la musica come sottofondo abbiamo letto questo testo di Don Tonino Lo Bello




Dammi un'ala di riserva

Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un’ala soltanto. L’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te. Perché vivere non è “trascinare la vita”, non è “strappare la vita”, non è “rosicchiare la vita”. Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà. Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.Ti chiedo perdono per ogni peccato contro la vita. Anzitutto, per le vite uccise prima ancora che nascessero. Sono ali spezzate. Sono voli che avevi progettato di fare e ti sono stai impediti. Viaggi annullati per sempre. Sogni stroncati sull’alba.

Ma ti chiedo perdono, Signore, anche per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Per i voli che non ho saputo incoraggiare. Per l’indifferenza con cui ho lasciato razzolare nel cortile, con l’ala penzolante, il fratello infelice che avevi destinato a navigare nel cielo. E Tu l’hai atteso invano, per crociere che non si faranno più.Aiutami ora a planare, Signore. A dire, terra terra, che l’aborto è un oltraggio grave alla tua fantasia. E’ un crimine contro il tuo genio. E’ un riaffondare l’aurora nelle viscere dell’oceano. E’ l’antigenesi più delittuosa. E’ la “decreazione” più desolante.

Ma aiutami a dire, anche, che mettere in vita non è tutto. Bisogna mettere in luce. E che antipasqua non è solo l’aborto, ma è ogni accoglienza mancata. E’ ogni rifiuto. Il rifiuto della casa, del lavoro, dell’istruzione, dei diritti primari. Antipasqua è lasciare il prossimo nel vestibolo malinconico della vita, dove “si tira a campare”, dove si vegeta solo.

Antipasqua è passare indifferenti vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine. E si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te. Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva.


Pensiero sulla ‘Parola’

Per gli antichi la terra si presentava piatta ed avvolta dalle acque e cosi’ Dio nel secondo giorno, dopo aver creato la luce, divide l’ammasso delle acque creando il firmamento . Nel terzo giorno prosegue la sua opera radunando le acque in solo punto per far emergere la terra. Dio fa tutto ciò con un ordine espresso attraverso la parola. Dio dunque mette ordine nel caos attraverso la potenza della sua parola. Una potenza però che si rivela mite, non violenta. Nello stesso modo quando ci troviamo di fronte ad una situazione senza spiraglio, confusa e violenta che potrebbe metterci paura possiamo e dobbiamo uscirne grazie all’uso potente, creativo e mite della parola. La Parola di Dio poi, come ci insegna il vangelo di Marco su cui abbiamo riflettuto oggi, ha il potere di creare sempre nuovi spazi per un futuro diverso.


Mt 11

20La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. 21Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato». 22Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! 23In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. 24Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. 25Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati». 26.

Gesù da vero psicologo entra nelle pieghe del nostro pregare e ci mette di fronte al modo come preghiamo. Nel momento infatti in cui facciamo le nostre richieste in quello stesso momento siamo i primi a non credere d’essere esauditi. Per accorgersene bisogna quasi cogliersi in fallo per vedere come quasi sempre ci comportiamo da miscredenti. Per noi è importante solo chiedere quasi che cosi’ facendo abbiamo assolto un compito di fronte a noi stessi e al mondo. Non ci mettiamo mai nella prospettiva di un pregare che sa di aver già ottenuto. E dal momento che assolviamo un compito poi passiamo ad altro senza dimorare nella visione del vedere la nostra preghiera già accolta. Entrare però in questa prospettiva significa anche responsabilizzarci su cosa chiedere perché non è un semplice lanciare la richiesta e lavarsene le mani. Inoltre il Signore ci assicura che se si prega alla sua maniera si sprigionerà una tale forza da mettere in moto le fibre più intime dell’universo. Gesù con l’atto di maledire il fico, e cioè utilizzando un atto di forza che potrebbe anche spaventare, ci fa capire con quale determinazione ci si deve rivolgere al Padre.