martedì 25 novembre 2008

Mc 2, 20-30

[20]Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. [21]Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé». [22]Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni». [23]Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana? [24]Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; [25]se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. [26]Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. [27]Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa. [28]In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; [29]ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna». [30]Poiché dicevano: «E' posseduto da uno spirito immondo».


Due mondi che si escludono a vicenda non possono coesistere assieme e quindi dove arriva il regno di Dio non può esservi quello dei demòni. Gli scribi a loro sono inescusabili volta perché non vogliono vedere che la realtà stessa è cambiata proprio davanti ai loro occhi. Ora però avvicinandoci da quella alla nostra realtà siamo invitati a discernere le forme attraverso cui, anche se in forme meno appariscenti, prende forma tra noi il mondo dei demoni. Vi prende forma tutte le volte che la vita di un uomo si allontana da Dio rimanendo privo di tutti gli aiuti che il Regno mette a disposizione di coloro che vi partecipano. Quando improvvisamente il nostro sistema immunitario difeso dagli angeli santi viene da noi colpevolmente disattivato ecco che poi ci troviamo a fare cose che non vorremmo fare dando agli spiriti immondi l’occasione di materializzarsi. Questo quando dipende da noi ma vi sono casi in cui come Gesù ci troviamo di fronte agli spiriti immondi degli altri. Come comportarsi allora? Ignorarli? Che cosa fa il Maestro? Egli entra in relazione con gli scribi e risponde alle loro provocazioni perché il suo fine non è la condanna ma la salvezza di ogni uomo che incontra. Dovrebbe essere così anche per noi ma solo una vita spirituale fortemente vissuta e una profondo legame d’amore con il Maestro potrà metterci in relazione con il suo Spirito per capire come comportarci.


martedì 18 novembre 2008


Istituzione dei Dodici


Mc 12

[13]Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. [14]Ne costituì Dodici che stessero con lui [15]e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. [16]Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; [17]poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; [18]e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo [19]e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.


Gesù chiama in disparte chi ama e non come esclusione di chi non è scelto ma in previsione di scegliere anche coloro che sembrano esclusi dalla prima chiamata. Gesù non predica un radicalismo religioso dove la cosa più importante è il rapporto diretto con Dio con la messa tra parentesi del contesto umano in cui esso accade. Egli non offre strumenti per ottenere l'illuminazione ma una via storica in cui è fondamentale il rapporto con lui e con i destinatari del suo messaggio di salvezza. Gesù infatti quando chiama qualcuno lo fa sempre in relazione al servizio che potrà rendere agli altri. Inoltre non chiama a caso ma guardando il cuore, il volto e l’essere totale delle persone che chiama: 'chiamò a sé quelli che egli volle'. Questo ci consola perché anche quando chiama noi non chiama un numero ma la nostra persona per intero e per sempre e non finchè gli serve una nostra capacità o qualità. C’è per ultimo una relazione stretta tra l’essere chiamati in disparte per stare con lui e la missione. Non si può infatti esercitare la missione senza mantenere forte e costante un rapporto con il Signore.
GABRIELE PATMOS

mercoledì 5 novembre 2008


La nostra pratica

Paolo in Filippesi 2 afferma : “[14]Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, [15]perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, [16]tenendo alta la parola di vita.” Noi quindi siamo invitati a risplendere come astri nel cielo ma questo ci riuscirà solo mettendo al centro della nostra vita la parola di Dio e la sua pratica. Parola che è difficile a comprendersi soprattutto quando si manifesta attraverso vicissitudini che ci colpiscono direttamente. Il Card. Martini nel suo libro ‘Conversazioni notturne a Gerusalemme? così scrive: “ Ho interrogato Dio come fanno anche i salmi: perché deve essere così? Poi mi è stato concesso di sentire ancora che dal dubbio nasce qualcosa di nuovo…….Naturalmente occorre molta fiducia in Dio, ma spesso si parte da dubbi, da domande.”. Anche la nostra lettura della Parola non vuole avere la pretesa di una comprensione immediata, ma solo la disposizione interiore di affrontare con fiducia anche il deserto del non senso perché sa che i propri dubbi e le proprie domande sono il terreno fecondo attraverso cui Dio ci farà pervenire le sue risposte.

Le folle al seguito di Gesù

[7]Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea. [8]Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui. [9]Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. [10]Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo. [11]Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». [12]Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero.
Da completo sconosciuto Gesù in poco tempo attira l’attenzione di folle provenienti dagli antipodi della Palestina come per noi sono la Sicilia ed il Piemonte. E’ il suo un apparire travolgente anche perché in lui opera una potente forza che guarisce molti. E’ il momento della manifestazione che è l’opposto del suo nascondimento. Una manifestazione da far comprendere e gestire in modo che nessuno potesse catturarlo in un ruolo che non era il suo ad es. quello di guaritore. Egli guariva sì ma il suo messaggio andava molto oltre. Plasticamente ciò viene evidenziato nel suo spostarsi sulla barca da dove poteva parlare e non solo guarire. Si capisce così perchè egli sgridi gli spiriti immondi. Gesù non vuole diventare un fenomeno da baraccone gestito dagli appetiti o dalle strategie nascoste di chi gli vuole male. E gli spiriti immondi non sono certo spiriti che amano il Signore e il loro intento quindi di intervenire sul modo come egli voleva farsi conoscere dal popolo di Israele non è che uno dei tanti modi attraverso cui essi lo avversavano. Gesù non ama le folle o meglio le ama cercando di umanizzarle. Ricordiamoci dell’episodio della moltiplicazione dei pani quando divise quelle migliaia di persone in gruppi di 50 o di 100. Nello stesso modo vuole che i suoi miracoli abbiano una ricaduta sul piano della relazione. Anche noi facciamo così quando vogliamo da Dio miracoli ma senza entrare in una vera relazione. Il tempo che abbiamo a disposizione in questa vita dovrebbe servirci ad esplorare l’infinita bellezza e l’esaltante percorribilità di un rapporto non con un Dio astratto, ma con uno fatto di carne ed ossa come noi.

sabato 1 novembre 2008


La nostra pratica

“ Durante la meditazione noi ci disponiamo ad accogliere la Parola di Dio lasciando cadere ogni preoccupazione circa la nostra capacità di comprenderla. Noi infatti confidiamo nel suo Autore e sul fatto che se ha voluto rivolgerci la sua Parola è perchè risuoni dentro di noi piena di significato. Inoltre grazie a ciò che della Parola avremo capito o alle domande o ai dubbi che essa avrà suscitato in noi potremo poi procedere ad approfondimenti di ampio respiro che la collochino nel contesto di tutta la Bibbia e nella comprensione che oggi ne ha la Chiesa. Vogliamo insomma che la Parola raggiunga la nostra persona come se fosse la prima volta proprio perché essa, pur essendo stata accolta e vissuta dall’umanità passata, deve essere di nuovo ascoltata da quella presente perché possa prendere corpo oggi nella nostra vita e nella società di cui facciamo parte.”


[23]In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. [24]I farisei gli dissero: «Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?». [25]Ma egli rispose loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? [26]Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?». [27]E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! [28]Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato».

La Legge è stata data da Dio e quindi è buona perché riguarda essenzialmente l’alleanza fatta con il popolo d'Israele. Gesù stesso dice che neppure un suo iota andrà perso. La legge ha essenzialmente due funzioni la prima è quella di introdurre alla nuova alleanza portata da Cristo e la seconda quella di convincere l’uomo che egli è peccatore come ben ci ha fatto riflettere Paolo. In Gesù noi troviamo il cuore della Legge, e cioè quel cuore che l’ha pensata per aiutare l’uomo ad essere più umano e giusto, ed il metro per poterla interpretare correttamenete. Gli uomini hanno la tendenza a rendere piatto e senza cuore tutto ciò che è frutto delle intenzioni più nobili. Nel caso della legge divina essi per lo più non le permettono d’essere un vero aiuto e non un peso. Gesù non vuole che i suoi discepoli diano culto a Dio attraverso l’osservanza del sabato quando sono in gioco i bisogni fondamentali dell’uomo. Questo modo di pensare di Gesù dovrebbe farci riflettere su come ci rapportiamo alle regole. Le generazioni postsessantottine non corrono il rischio del rigorismo ma dell’insofferenza ad ogni sorta di regole perché vogliono vivere fino in fondo l’esperienza della libertà. Purtroppo se non si recupera un corretto rapporto con le regole sarà difficile avere un rapporto vero e profondo con i nostri simili. In un mondo di pari infatti tutto si gioca sul modo come noi viviamo le regole e cioè su come noi le riempiamo o le svuotiamo di senso. Da Gesù non abbiamo appreso a disprezzarle ma a renderle umane e cioè a viverle con quelle eccezioni che sono il modo migliore per affermarle salvo nei casi in cui esse sono completamente da abolire.

GABRIELE PATMOS