mercoledì 17 novembre 2010



Mc 14

[66]Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote [67]e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». [68]Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. [69]E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli». [70]Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo». [71]Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo che voi dite». [72]Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto.


Pietro ci da l’occasione di pensare come, anche se non con il tradimento, a livello psicologico anche a noi capiti di avere paura di portare fino in fondo il rapporto con chi ci vuole bene. Per paura ci tratteniamo dal produrre parole e gesti che possano in qualche modo metterci in un rapporto più profondo e qualche volta intraprendiamo la via del rinnegamento. Questa purtroppo è la nostra realtà umana che Gesù conosce bene perché egli è stato inviato sulla terra proprio a seguito dei molteplici e continui tradimenti del suo popolo. Gesù allora per aiutare il suo discepolo Pietro, e di conseguenza tutti noi uomini, a superare le conseguenze psicologiche e spirituali di questa sua caduta trova il modo di venirgli incontro. E avvertendolo di ciò che gli succederà («Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte») gli prepara un ponte che al momento opportuno potrà farlo uscire dall’abisso della sua colpa. Quando Pietro sente il gallo cantare capisce che quelle parole di Gesù avevano lo scopo non solo di predirgli ciò che sarebbe successo ma quello di preparargli la strada (il ponte) per il ritorno. E’ questa attenzione del Maestro che lo tocca nel profondo del cuore e che disarma anche quel male che lui stesso si sarebbe inferto quando a mente più lucida si sarebbe reso conto di aver tradito un amico ed un maestro e che Maestro! Anche nelle nostre relazioni con chi ci ha fatto del male dobbiamo, quando è possibile, offrire qualcosa che aiuti l’altro a ritornare. Se Gesù è il nostro Maestro vuol dire che con il suo aiuto è possibile immaginare un modo in cui chi ci ha fatto del male trovi nella parte che ritiene avversa non odio ma un invito, ed addirittura la costruzione di un ponte, che faciliti il suo ritorno.