venerdì 12 marzo 2010

IL LINGUAGGIO DEL DONO


Pensiero prima della meditazione


Noi donne ed uomini oltre a mangiare e bere viviamo di immaginario sia il nostro personale che quello letterario. televisivo e chi più ne ha più ne mette. Abbiamo pure un angolo del nostro cuore impegnato con il Signore almeno per coloro che ve lo hanno insediato. Il problema del credente anche per quello che di fatto è più vicino al Signore è sempre quello di sentirsi vicino al Signore. Ebbene sia per l’uno che per l’altro c’è sofferenza se non si sente che corrisponde al grido del cuore. Vorremmo che il Signore fosse vicino, ci parlasse, ci indicasse la via ma non l’abbiamo dall’altra parte del nostro cellulare e Lui tace o almeno non usa i nostri mezzi di comunicazione. Eppure Dio ci parla e perché il suo messaggio fosse il più completo possibile ci ha lasciato la sua Parola che è quella che troviamo nei testi sacri. Ecco quando la leggiamo è Dio che ci parla, che ci dice cosa vuole da noi ed lì che ispira le sue parole segrete e le folgoranti intuizioni che diventano le strade maestre della nostra vita.


Marco - Capitolo 14

1Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo». 3Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. 4Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? 5Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. 6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; 7i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. 8Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto». 10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. 11Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.


In questi 11 versetti c’è tutto dalla pietà alla gratitudine alla furia alla falsa allegria e al tradimento. Su di tutti a parte Gesù campeggiano due figure ‘una donna’ e Giuda. La donna compie l’atto stupendo di versare il nardo prezioso sul capo di Gesù. E’ quest’ atto che scatena ogni sentina di passioni negative. Si concretizza cioè di fronte agli ’infuriati’ la celebrazione di un dono che essi dal loro punto di vista non potevano capire. Come si può bruciare infatti qualcosa che può produrre denaro così inutilmente? Essi non comprendono che vi sono piani dell’essere in cui le cose possono diventare dei simboli forti di un qualcosa che le parole non potrebbero significare completamente. E come le parole si possono usare senza badare al loro valore commerciale così anche le cose vengono sottratte a questo dominio in modo totale. E quindi chi non sta dentro a quel modo di significare non può che scandalizzarsi e gridare allo spreco. Eppure noi conosciamo nella nostra realtà di oggi qualcosa che dà ragione a quella modalità ma in modo negativo e cioè pensiamo a quanti soldi si bruciano per i crack delle borse quando queste credono alle parole del momento, alle suggestioni, molte volte false, di ciò che succede nel mondo. Gli ‘infuriati’ si comportano così per un’infinità di motivi ma forse il principale può essere indicato nel non aver mai ricevuto un dono veramente gratuito ed importante. E non avendolo ricevuto guardano male la donna quasi che con quel gesto avesse voluto innalzarsi su di loro a cui morde la coscienza per il fatto di pensare solo ai soldi. Tra questi c’è Giuda che di fronte a quanto succede tira le sue conclusioni: “Allora Giuda Iscariota,..”. Egli anzitutto sente parlare il Signore di sepoltura e quindi è come se gli cadesse di fronte l’eroe su cui aveva poggiato le sue speranze e poi quando lo sente dire che l’atto di pietà compiuto dalla donna sarebbe stato raccontato in tutto il mondo è proprio allora che lo vede in un’altra luce. Ai suoi occhi Gesù che apprezzava così tanto un atto di devozione che relazione poteva più avere con l’uomo, forse il messia, venuto a liberare il popolo d’Israele? Ai nostri occhi invece l’atto della donna, rivolto a Gesù in un tu per tu veramente emozionante, ci consola rispetto a quanti vogliono vedere l’azione di Gesù ,e quindi dei suoi seguaci,sempre e comunque attraversati da un intento liberatorio dagli asservimenti che gli uomini perpetrano verso altri uomini. La grandezza dell’approccio di Gesù, che comunque è sempre sulla linea del grande comandamento dell’amore, è quello d’averci fatto toccare con mano come l’amore per Dio e quello per il prossimo non si escludono ma devono essere compresenti. Quando si staccano allora abbiamo solo le pratiche devote o un darsi da fare per la liberazione dei fratelli dimenticandoci che la vera liberazione occorre chiederla sempre al Signore.

sabato 6 marzo 2010

PER UN CASO STRANO DELLA SORTE ABBIAMO RIMEDITATO UN PASSO CHE TROVATE IN QUESTO STESSO BLOG

Pensiero prima della meditazione.

Nel Padre nostro noi recitiamo: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’. Il pane quello vero è quello che nutre il nostro spirito e quindi è la Parola di Dio. Questa Parola dà un vero significato alla nostra vita ma non in senso solo conoscitivo, e cioè come illuminazione della nostra mente, ma che ci da la forza per realizzare nella vita concreta quello che ci significa nel cuore. Questa Parola sta soprattutto sulla bocca del figlio Gesù a cui rese testimonianza il Padre sul monte Tabor quando fece udire ai discepoli questa voce: “Questo è il mio Figlio diletto: ascoltatelo!”.


Mc13,1-13


1Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». 2Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta». 3Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: 4«Dicci, quando accadrà questo, e quale sarà il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?». L'inizio dei dolori 5Gesù si mise a dire loro: «Guardate che nessuno v'inganni! 6Molti verranno in mio nome, dicendo: "Sono io", e inganneranno molti. 7E quando sentirete parlare di guerre, non allarmatevi; bisogna infatti che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine. 8Si leverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti sulla terra e vi saranno carestie. Questo sarà il principio dei dolori. 9Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete davanti a governatori e re a causa mia, per render testimonianza davanti a loro. 10Ma prima è necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le genti. 11E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire, ma dite ciò che in quell'ora vi sarà dato: poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. 12Il fratello consegnerà a morte il fratello, il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i genitori e li metteranno a morte. 13Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.


Questo passo sembra rivolgersi alla distruzione del tempio di Gerusalemme. Distruzione che è stata qualcosa di terrificante e sconvolgente per il popolo d’Israele che avevano un fortissimo attaccamento al tempio come luogo di presenza del loro Dio e segno evidente della loro identità come popolo. Ma questo passo evoca in noi che viviamo oggi un effetto che in altre stagioni della nostra vita non abbiamo provato e cioè il renderci conto che viviamo in un mondo insicuro dove possono da un momento all’altro succedere sconvolgimenti catastrofici: pensiamo al primo tsunami, al terremoto dell’Aquila a quello di Haiti e all’ultimo del Cile. E la catastrofe riguarda non solo lo sconvolgimento della natura, l’abbattimento di intere città e la morte di centinaia e centinaia di persone, ma la qualità della vita dei sopravvissuti che, a vedere i telegiornali, ci offrono scene tremende di disgregazione umana. Ed il Signore allora attraverso questa rappresentazione di mali che possono capitare alla sua come ad ogni generazione ci dice di stare attenti, di badare a noi stessi e cioè a non farci prendere dalle folate di panico, ma di portare dentro a queste tristi situazioni una dimensione spirituale. Questo nostro modo di comportarci, e cioè l’attraversamento di queste difficoltà seguendo dei punti di luce nonostante che tutto sembri spingerci verso la paura e a reazioni inconsulte, deve servire,sempre secondo le parole del Signore, per rendere testimonianza agli altri dell’esistenza del regno di Dio su questa terra. Gesù ancora ci mette in guardia rispetto a coloro che cercano di mettere paura con le loro previsioni catastrofiche perché tolgono speranza alla gente ed indebolendo le persone provocano una sorta di scoramento del cuore e cioè uno spezzare quella fiducia originaria che è in tutti da coltivare piuttosto che abbattere. E’ da coltivare per essere più precisi la fiducia nel Padre e non una reinterpretazione della realtà che ha come ultima uscita il fallimento. Stiamo quindi attenti anche ai ballon d’assai che vengono lanciati e che provocano cedimenti e lavorio ai fianchi dell’umanità che se vuole rimanere tale deve rimanere sveglia e pronta a reagire per non svegliarsi un giorno, ahimè, in catene.


martedì 2 marzo 2010

trasfigurazione


BENEDETTO XVI


In questa seconda domenica di Quaresima 2010 la liturgia è domina­ta dall’episodio della Trasfigura­zione, che nel Vangelo di san Luca segue immediatamente l’invi­to del Maestro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua! » ( Lc 9,23). Questo evento straordinario, è un incoraggiamento nella sequela di Gesù.

Luca non parla di Trasfigurazio­ne, ma descrive quanto è avve­nuto attraverso due elementi: il volto di Gesù che cambia e la sua veste che diventa candida e sfol­gorante, alla presenza di Mosè ed Elia, simbolo della Legge e dei Profeti. I tre discepoli che assi­stono alla scena sono oppressi dal sonno: è l’atteggiamento di chi, pur essendo spettatore dei prodigi divini, non comprende.

Solo la lotta contro il torpore che li assale permette a Pietro, Gia­como e Giovanni di « vedere » la gloria di Gesù. Allora il ritmo si fa incalzante: mentre Mosé ed Elia si separano dal maestro, Pietro parla e, mentre sta parlando, una nube copre lui e gli altri discepo­li con la sua ombra; è una nube, che, mentre copre, rivela la gloria di Dio, come avvenne per il po­polo pellegrinante nel deserto. Gli occhi non possono più vede­re, ma gli orecchi possono udire la voce che esce dalla nube: «Que­sti è il Figlio mio, l’eletto; ascol­tatelo!» (v. 35). I discepoli non sono più difron­te ad un volto trasfigurato, né ad una veste candida, né ad una
nu­be che rivela la presenza divina.
Davanti ai loro occhi, c’è « Gesù solo » ( v. 36). Gesù è solo davanti al Padre suo, mentre prega, ma, allo stesso tempo, « Gesù solo » è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo: è ciò che deve bastare nel cammino. È lui l’unica voce da ascoltare, l’u­nico da seguire, lui che salendo verso Gerusalemme donerà la vi­ta e un giorno « trasfigurerà il no­stro misero corpo per confor­marlo al suo corpo glorioso « ( Fil 3,21).« Maestro, è bello per noi essere qui » ( Lc 9,33): è l’espressione e­statica di Pietro, che assomiglia spesso al nostro desiderio di fron­te alle consolazioni del Signore. Ma la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nel­la vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno,perché « Gesù solo » sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che gui­da la nostra esistenza.