venerdì 17 giugno 2016

XI SETTIMANA DEL T.O.  - SABATO




Mt 6, 24-34


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena». 




 E 'preoccuparsi' significa tutto ciò ma in anticipo e non in relazione ad un luogo ma ad una condizione del proprio spirito  dove ci si mette in ansia o in agitazione o ci si fa prendere dal timore per qualcosa che avverrà dopo.  Gesù dicendoci di non preoccuparci è come se volesse dirci che il posto del cuore deve essere libero da tutto ciò che lo lega a cose, importanti sì, ma la cui gestione non è affidata solo alla nostra cura. Noi invece crediamo che la nostra esistenza personale e tutto ciò che facciamo dipende da noi e quindi quando i problemi della vita si presentano davanti alla soglia della nostra casa ecco che ce ne preoccupiamo. Diverso è il ‘prendersene cura’ al momento giusto e cioè quando la realtà stessa ce lo chiede senza anticiparne i tempi. Ciò che ci propone Gesù, come al solito, scardina i nostri pensieri correnti. E per cominciare un cammino di avvicinamento alla verità delle sue parole dobbiamo fare due constatazioni la prima è che  il peso delle cose su di noi è in effetti esagerato soprattutto quando ce ne siamo preoccupati tanto e la seconda che una volta arrivati alla svolta della risoluzione ci accorgiamo che in effetti non c’era bisogno di tutta questa ansia. Tutto si gioca allora sulla sfera del tempo e cioè noi anticipando in modo ansioso il nostro interessarci di qualcosa che avverrà nel futuro togliamo al presente l’apporto della nostra presenza. Ora il presente, che è formato dalla nostra persona e da tutto ciò che ci viene incontro, ha in sé una forza che invece non ha ciò che ancora deve avvenire. Ciò che ci viene incontro assieme alla nostra persona ed alle sue estensioni spirituali  diventa fonte di risposte e di soluzioni che solo il nostro essersi preoccupati prima non può mai immaginare. Ecco dunque perché è inutile preoccuparsi prima, e cioè mettersi in ansia, dal momento che sono poche le cose che si possono vedere da questa postazione anticipata. Diverso è il ‘prendersi cura’ quando guidati dalla prudenza ci mettiamo in moto perché è la realtà stessa che ce lo chiede.  L’attacco dunque che fa Gesù al nostro modo sbagliato di vivere è salutare perché il ‘preoccuparci’  oscura il nostro clima interiore non lasciando spazio per altro. E cosa oscura la preoccupazione? Proprio il nostro rapporto con Dio perché ci fa vivere come se fossimo orfani ed abbandonati e tutto il peso della vita dovesse cadere sulle nostre spalle che proprio perché  piccole fanno presto ad ammalarsi e dolere. Gesù con le sue parole è come un vento potente che vuole spazzare via dal nostro cuore tutte  le ansie e le infinite quisquiglie che abbiamo messo in trono e che però affaticano la nostra vita e ci fanno vivere con il fiato corto ed in modo asfittico. Egli ci dice che nel regno del Padre non esiste che qualcuno possa essere abbandonato e se la nostra mente a questo punto dicesse che invece Dio abbandona visto quanto male si vede in giro, allora  dobbiamo fare i conti con la qualità del nostro credere. Crediamo al serpente che insinua un secondo fine nel divieto di mangiare la mela ( Dio vuole tenere per sé la conoscenza del bene e del male – e vuole impaurire con lo spauracchio della morte:  «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti». Gen 2,16-17) oppure crediamo a Gesù che ci parla della bontà del Padre e di come Lui ci segue e si prende cura di noi? Dobbiamo credere che è davvero come ci poniamo noi di fronte al Padre ed a Gesù che cambia l’orizzonte della nostra vita: se non gli crediamo avremo una vita piena di preoccupazioni se invece gli crediamo di certo non ci saranno tolti i dolori quando la vita ce li porta ma assieme la forza di viverli e soprattutto la serenità di viversi come neonati nelle mani di Chi ci ama. 

mercoledì 15 giugno 2016





Lc 6, 27-35                                                        mercoledì 15 giugno 2016
La domanda è : “Come si può chiedere di amare i propri nemici?” e la domanda non è di quelle retoriche ma viene spontanea dopo l’uccisione di 50 persone da parte di un fanatico ispirato dall’odio. Per rispondere a questa domanda in linea con il sentimento di Gesù prendiamo atto del riferimento importante che Lui ci dà per convincerci ad amare i nostri nemici. Egli sostiene che siccome il Padre celeste non odia  neppure noi possiamo odiare, se fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni pure noi pure dobbiamo avere verso tutti, compresi i cattivi, lo stesso atteggiamento di amore. Ora  chiediamoci ancora: Come posso amare l’uccisore  di tutte  queste persone? Direi che proprio non posso con le sole mie forze. Perché la prima cosa che viene in mente di fronte ad uno che uccide è quella di ucciderlo. E dunque la salvaguardia per non arrivare a tanto è quello di non odiarlo, ma questa via per non odiare il nemico la chiamerei negativa e non è sufficiente a soddisfare ciò che il Signore ci chiede e cioè l’amore del nemico. Cerchiamo allora di capire perché Gesù vuole da noi questo comportamento e scopriremo che la risposta è questa : il Padre celeste vuole tutti salvi e volendoli salvi ha concesso all’uomo tutto il tempo della sua vita perché possa ravvedersi. Se odio il nemico non posso partecipare a questo disegno divino rivolto a tutti gli uomini anche i più malvagi perché il mio intento è quello di non concedergli quel tempo che Dio stesso ha dato per il loro ravvedimento. Senza dire che l’odio vissuto con tutte le fibre del proprio essere ci deforma e ci fa assomigliare non al Padre celeste ma al suo avversario.  Mentre l'amore, e cioè quello della salvezza vera del corpo e dello spirito del nostro avversario, è qualcosa di grandioso e di divino che ci fa somigliare di più al Padre celeste ed alla sua perfezione.
                                                                              Comunità del Monte Tabor












                                                                                    
1 Giugno 2016 Lc 5, 17 - 25

I primi passi di Gesù nella vita pubblica sono subito costellati dalle guarigioni . Viene guarito un lebbroso ed un paralitico. Ciò che colpisce, almeno per il paralitico, è l’ammirazione di Gesù riguardo alla fede di coloro che gli avevano portato il malato. In un altro passo, a proposito di una donna che aveva delle perdite di sangue, Gesù così si esprime:” "Figlia, la tua fede ti ha salvata in pace!”. Gesù sembra mettersi in disparte ed attribuire il miracolo alla fede di chi Gli si trova davanti.  Venendo ai nostri giorni perché ci troviamo in un mondo così disastrato? Forse perché non abbiamo il coraggio di portare avanti una visione di grande respiro non avendo fede che ciò che pensiamo con la nostra mente possa davvero diventare realtà. Gesù ebbe la grande visione di portarci viventi al suo Padre celest e e ci è riuscito ed allora poniamoci la domanda: “ Noi abbiamo qualcosa di grande nella nostra vita che non sia il calcolo degli interessi su ciò che operiamo?”.


Comunità del Monte Tabor