sabato 12 dicembre 2009

PENSIERO PRIMA DELLA MEDITAZIONE

L'occasione di aver assistito alla professione perpetua di un'amica all'interno di una Famiglia religiosa è stata lo spunto per constatare come anche oggi esistano persone che offrono per intero la propria vita al Signore e non solo per un periodo limitato ma per tutta la vita. Ciò ci motiva nella nostra strada davanti al Maestro per quel poco che possiamo offrirgli in questa piccola avventura legata alla meditazione della sua Parola.


Mc 11

27Andarono di nuovo a Gerusalemme. E mentre egli si aggirava per il tempio, gli si avvicinarono i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: 28«Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farlo?». 29Ma Gesù disse loro: «Vi farò anch'io una domanda e, se mi risponderete, vi dirò con quale potere lo faccio. 30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 31Ed essi discutevano tra sé dicendo: «Se rispondiamo "dal cielo", dirà: Perché allora non gli avete creduto? 32Diciamo dunque "dagli uomini"?». Però temevano la folla, perché tutti consideravano Giovanni come un vero profeta. 33Allora diedero a Gesù questa risposta: «Non sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose».



A Gesù viene chiesto di rendere conto della sua autorità ma non perchè i suoi interlocutori vogliano aprirsi alla verità ma per sminuirlo agli occhi dei presenti. Anche a noi capita qualcosa di simile quando nonostante il nostro modo sincero di operare subiamo delle critiche feroci. Il più delle volte, per difenderci dall'ingiustizia che ci lacera il cuore, passiamo all'attacco in una lotta che alla fine ci sfianca. Cosa fa invece il Maestro Gesù? Anzitutto invece di affermare subito la sua ragione si rivolge ai suoi interlocutori ponendo una domanda, e non una domanda qualsiasi, ma molto pertinente perché è interna ad un sapere e ad una esperienza comune. Egli quindi agendo cosi’ è come se mettesse tra se stesso e gli altri non un qualcosa di definitivo, ma una zona in cui ancora si può ancora incontrarsi. Ed ancora, e sempre in relazione a ciò che si può sentire giusto e vero, capita che alcune volte si è cosi’ certi della propria verità che quando gli altri la mettono in discussione è come se attaccassero la nostra stessa persona. Gesù invece, pur vivendo fino in fondo la situazione, ci offre una testimonianza di disincanto il cui riferimento è cosi’ ampio che include anche il terzo attore e cioè la gente che era presente. Con le sue parole ci fa contemplare la verità offrendola ai suoi interlocutori. Nello stesso modo il nostro rapporto con la verità non può essere di possesso, come se fosse solo nostra, essa è sempre una confluenza di apporti a cui noi possiamo solo dare testimonianza ed è a questo livello che si guadagna quel modo sapiente di articolare delle risposte che non affondino in una difesa-attacco che offende la stessa verità. Gesù quindi ci insegna a dialogare in una forma sapiente. In un altro approccio al testo Gesù si permette di non rispondere alla domanda degli interlocutori perché, come dice papa Ratzinger , “ la fede non è un sistema di pensiero” e cioè non è un sistema dialettico di confronto con la sua tesi, antitesi, sintesi. L’amore infatti non si può che riconoscere e non ha niente a che fare con questi schemi dialettici di confronto. Ed ecco perché alla fine Gesù dà una risposta cosi’ dura. Prima però Gesù con la sua mitezza e la sua compassione usa la ragione ed il ragionamento per dar loro una possibilità di scelta. Questa possibilità invece viene fraintesa dai suoi avversari ed essi si presentano come persone che non scelgono o che non vogliono scegliere e quindi non si aprono alla verità.