giovedì 26 novembre 2009

SE NON SI PREGA SI DIVENTA ARIDI

Pensiero iniziale relativo all’Ispirazione della Comunità del Monte Tabor

‘1In principio Dio creò il cielo e la terra. 2Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. 3Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.” : ecco proprio all’inizio della Bibbia Dio interviene con la sua Parola ed è con la sua Parola che viene creata la luce e la parola è prima della luce quasi ad indicare che la stessa parola è luce, significato, possibilità per le cose di entrare in una visibilità toccante. La Parola è una grande forza da non sprecare perché può creare mondi.


Marco 11

12La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. 14E gli disse: «Nessuno possamai più mangiare i tuoi frutti». E i discepoli l'udirono. 15Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe 16e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. 17Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti?Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». 18L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento. 19Quando venne la sera uscirono dalla città.

Il Ricciotti, se non ricordo male, nella sua ‘Vita di Gesù’ afferma che in Palestina si trovano sempre sull’albero di fico dei frutti anche fuori stagione confermando così il comportamento di Gesù che sperava di trovarvi qualcosa da mangiare. Ma qui il fico è l’occasione per il Signore di farci capire che in qualsiasi momento della nostra vita dobbiamo essere simili ad un albero che ha sempre dei frutti. I frutti sono le opere di bene e se questi frutti non esistono non è perché non esistono frutti ma perché sono diventati maligni. E Gesù con la maledizione del fico, così drastica da farci paura, ci dice che non vi sono vie di mezzo: “Chi non raccoglie con me disperde”.



Ed allora è bene chiedersi se nel nostro albero personale esistono dei frutti buoni e cercare di rispondere a questa domanda potrebbe mantenerci in uno stato di sana inquietudine. Ci ha colpito comunque la durezza di Gesù e allora è venuto in mente il passo di Giovanni dove Gesù paragona il Padre al vignaiolo che pota i rami secchi. Quando sono secchi sono definitivamente potati ma fino a che c’è linfa no. Quando Gesù dice che il peccato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato è perché quel peccato ha plasmato così profondamente chi lo commette che nel momento in cui lo compie e vi persiste vi rimane identificato. La condanna così forte di Gesù forse è da collegare alla scena seguente ed allora è come se dicesse: o il tempio è collegato a me o non può esistere. A conferma di ciò si ricordava che nel 70 d.C. il Tempio fu distrutto dai romani come pure al momento della morte di Gesù il velo del Tempo fu squarciato.
Ed ancora cosa può dirci l’azione di Gesù che cerca di riportare il Tempio alla sua funzione di casa di preghiera? La sua azione così dura deve indurci a chiederci se durante la giornata diamo spazio vero alla preghiera o se ci facciamo trascinare dagli impegni o dalle preoccupazioni del mondo. Durante la settimana abbiamo la domenica per vivere con più intensità il momento del distacco dai traffici quotidiani per guardare alla settimana trascorsa e vedervi un senso più profondo e così dobbiamo fare nel corso della giornata distaccarci dalla quotidianità per guadagnare un contatto significativo con il Signore. E se riusciamo ad esserci nella preghiera allora quel momento diventerà aperto anche agli altri, per accoglierli all’interno di uno sguardo che è assieme il nostro e quello del Signore.
Il Cardinale Martini ha scritto un libro sulla preghiera in cui egli afferma che non dobbiamo dedicarle degli spazi interstiziali perché in questo modo non potremo ricevere la sua consolazione. Questa è in relazione al tempo che vi si dedica e il Cardinale portava la sua esperienza di persona anziana in cui è facile vivere esperienze disgregate ed allora c’è il pericolo di fare esperienze brevi, ma se si prende questa china è sicuro che i tempi della preghiera diminuiranno sempre di più e la consolazione non arriverà. Se non preghiamo allora c’è qualcun altro pronto a rubare la nostra interiorità.