lunedì 7 novembre 2016

XXXII SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI - MARTEDÌ

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Lc 17, 7-10
 
In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
 

Queste parole di Gesù sono una doccia fredda per il nostro sentimento d’importanza personale. Verso di esse abbiamo un istintivo rifiuto quasi che Gesù volesse sottolineare che può fare a meno di noi e che la nostra partecipazione alla vita del mondo è solo un atto dovuto senza attenzione verso il valore del nostro singolo io e delle nostre azioni. Insomma ci fa fatica accettare d’essere inutili. 


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Ora entriamo più a fondo per comprendere con la luce dello Spirito Santo queste parole del Signore che a livello solo umano stridono troppo con la nostra carne. E dunque ammettiamo pure d’essere utili nel portare avanti il regno di Dio. Come dobbiamo intendere questa utilità? Se essa fosse messa davanti al Signore come un qualcosa senza la quale il suo regno non potrebbe andare avanti capiamo bene che saremmo veramente fuori strada. Non siamo necessari perché la necessità così vissuta sarebbe come una porta sbarrata verso qualsiasi nostro cambiamento in quanto chi si sente necessario si percepisce ricco di una qualche preziosità da contrattare e scambiare con qualcos’altro. 


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Ora se ci mettiamo davanti al Signore dobbiamo dire con tutta verità che noi non possediamo nulla di così necessario tanto che Lui sia costretto a darci qualcosa in cambio. Noi sperimentiamo invece che tutto ciò che abbiamo d’importante e bello nella nostra vita lo abbiamo ricevuto da Lui in modo gratuito. Il Signore non ha bussato alla nostra porta per chiederci cosa avevamo d’importante da scambiare con Lui in modo paritario. No, egli bussando ci ha offerto gratuitamente tutto se stesso senza chiederci nulla in cambio che gli sia necessario.  


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Forse ora possiamo capire meglio cosa significhi che ‘siamo servi inutili”, ma attenzione perché potremmo declinare il significato di queste parole così:  “Ora siamo davvero consapevoli di non potergli dare nulla che possa in qualche modo comprare l’avere parte con Lui.”  Se pensiamo così siamo ancora fuori strada perché ci rimarrebbe dentro quella sensazione luciferina del dire: “Peccato, mi sarebbe piaciuto avergli potuto dare qualcosa che gli fosse necessario. ”. Gesù vuole davvero farci uscire dal mondo dell’utilità per trasportarci di sana pianta in quello della gratuità. E cosa ci chiede? Ci chiede qualcosa in  cui entra questa volta sì con forza potente la ‘necessità’. Se Gesù ci bussa alla porta o si presenta a noi nei mille modi dei canali della quotidianità  è necessario aprirgli se vogliamo entrare   nella vita vera o è preferibile far finta di niente perdendo l’occasione di un incontro formidabile? Solo così possiamo dire d’essere ‘necessari’ a Dio ma non perché Egli od il suo regno siano di più e meglio grazie alle nostre cose preziose che vorremmo barattare, ma perché solo con un nostro sì gratuito possiamo celebrare un congiungimento d’amore che permetta al regno di Dio di prosperare a partire dal nostro piccolissimo granellino di senape che Dio saprà far crescere e valorizzare.  


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E poi sinceramente il fatto di non sentirsi importanti è una tale liberazione anche solo dal punto di vista umano e di questo possiamo essere grati al Signore ripetendo in continuazione: ‘siamo servi inutili perché tutto ciò che conta per noi lo riceviamo solo dalle tue mani Signore e da quelle dei tuoi servi fedeli di ogni colore,razza fede  e religione.”.