mercoledì 2 novembre 2016

XXXI SETTIMANA DEL T.O.  GIOVEDÌ

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Lc 15, 1-10 


In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
 
Questo brano evangelico potrebbe titolarsi così: “La gioia di Dio”. Ci si potrebbe fare un’immagine di Dio davvero sbagliata duplicando per il cielo ciò che ci sembra succeda in terra e cioè la sua indifferenza. L’esperienza comune infatti ci fa vedere come Dio non intervenga nelle nostre cose umane, nei conflitti, nelle catastrofi naturali e così pensiamo che Egli se ne stia nel suo cielo beato e non si prenda cura, né si emozioni più di tanto per le sue creature. 


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Noi cristiani tuttavia la pensiamo diversamente non solo per ciò che avviene in cielo ma anche per ciò che avviene sulla terra. E’ vero infatti  che la natura ha le sue leggi e la sua autonomia e che noi siamo liberi  e solo sulla carta potremmo distruggere la terra, tuttavia noi sappiamo che essa e noi stessi siamo nelle mani di Dio. E ciò vuol dire che se guardiamo alla storia dei singoli eventi dobbiamo confermare che essi sono determinati secondo leggi loro proprie, fatta salva la libertà di Dio intervenire come nella tempesta sedata,  ma se guardiamo al complesso della creazione, all’uomo ed alla natura, allora essa è completamente nelle mani di Dio e dunque indistruttibile. 


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Hildegarda di Bingen ce lo fa vedere in modo plastico  immagine iniziale  in cui lo spessore dell’amore di Dio in colore rosso è il più spesso di tutti gli altri cerchi che avvolgono l’esistenza della natura e dell’uomo. L’amore di Dio per la sua creazione è più forte di ogni pensiero ed azione maligna che possano annientarla. Dio dunque non è indifferente sul piano di ciò che ha voluto come frutto del suo amore, ma si prende cura e custodisce ciò che ama. 


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Ora possiamo passare alle parole di Gesù che è il sicuro interprete della volontà del Padre celeste. E qui scopriamo in modo chiaro e definitivo che il nostro Dio non è una mummia o un gelido idolo di vetro ma un essere così perfetto, e quindi anche nei suoi sentimenti, che la sua gioia per un peccatore pentito rimbalza, anche se non abbiamo strumenti per rilevarlo a livello della nostra sensibilità, per tutto l’universo. Infatti non è da prendere sottogamba la parola di Gesù quando dice che vi “sarà gioia nel cielo” e che, udite udite!, la gioia del nostro Padre celeste sarà  irradiata davanti a tutti gli angeli del cielo. 

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Confortati dunque da questa immagine possiamo trarne una conseguenza concreta anche per la nostra vita e ricavarne quel senso di sicurezza e di incedere nel cammino del mondo con la chiara consapevolezza che Dio ci ama, è vicino, gioisce per noi. Cosa volgiamo di più? Il nostro compito è quello di ringraziare  e testimoniare il sorriso di Dio su tutte noi creature fino al momento in cui saranno tolte le scaglie dai nostri occhi e potremo finalmente conoscere quanto profondo e continuo è stato l’amore di Dio per noi.


Michele Sebregondio

Aggiungo anche il commento del nostro Livio Cailotto.

Cosa mi dice questo racconto di Luca? Io in questo racconto mi riconosco  nella posizione dei pubblicani e dei peccatori. Si sarei anch'io uno che lo vuole conoscere, nonostante la mia lontananza da ogni pratica religiosa convenzionale. Si ho ricevuto anch'io una educazione religiosa, ma poi per tanti motivi ho iniziato ad allontanarmi, e di più, ho iniziato a non trovare un senso per tutto ciò che di religioso mi si proponeva. Ma nonostante tutto questo mi è rimasta la curiosità e in un certo senso la sensibilità per ascoltare Gesù.

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 Lo ascolto perché  non mi chiede chi sono o cosa ho fatto di male o di bene nella vita. So per sentito dire che la sua logica è un po' diversa  e io vorrei capire. In quanto pubblicano non mi viene riconosciuta una dimensione religiosa e il fatto che Gesù mi dedichi delle attenzioni, non è indifferente per me. Conoscere un uomo giusto e capire come Lui vive la sua vita interessa anche a me che non sono molto religioso.Avvicinandomi così a Gesù forse posso cambiare qualcosa della mia vita. Un processo lento e non una conversione fulminante.


Livio Cailotto